
La Chiesetta della SS. Annunziata dell’Arma dopo i restauri della facciata, eseguiti a cura dell’Associazione nell’estate 2009 |
Una
delle prime chiese cristiane sorte in Liguria, viene attribuita dai
Bollandisti a San Siro, venuto a predicare la religione cristiana nelle
nostre terre, il quale edificò una cappella, nelle vicinanze del fiume
Taggia (oggi torrente Argentina) e sulla riva del mare, alla distanza di
quattro miglia dalla villa Matuziana (oggi Sanremo), dedicandola a San
Pietro, nell’anno 324 d.c. Queste indicazioni permettono di stabilire,
con poche possibilità di errore, l’ubicazione della cappella nella
grotta dell’Arma.
L’iniziale dedica della cappella a San Pietro e non
alla Madonna, è dovuta al fatto che le prime chiese cristiane era uso
dedicarle agli Apostoli e specialmente a San Pietro, mentre solo più
tardi, con l’estendersi del Cristianesimo nella nostra riviera,
cominciarono a dedicarsi chiese alla Vergine Santissima. Le invasioni
dei Saraceni che, come detto in precedenza, iniziarono nel X secolo,
portarono all’abbandono della chiesa e la grotta venne trasformata in
rifugio per i pirati che compivano scorribande nell’entroterra verso i
paesi di Bussana e Taggia. A seguito della liberazione dal pericolo
Saraceno le nostre terre passarono sotto il controllo del marchese
Arduino Glabrione e, successivamente al figlio Manfredo I, da questi al
nipote Manfredo II, e quindi alla figlia di questi Adelaide, contessa di
Torino, la quale nel 1036 fece donazione del fondo che si estendeva dal
crinale del monte Faudo al torrente Armea e da Monte Ceppo fino al
mare, ai monaci Benedettini di Santo Stefano di Genova (v. Monumenta Historiae Patriae, tom. VI, cartarum II col. 145) .
Questi
recuperarono i terreni abbandonati, ricostruirono i paesi distrutti dai
Saraceni e riconsacrarono al culto divino la grotta, riedificandovi
l’altare e dedicandolo alla Vergine Santissima sotto il nome
dell’Annunziata dell’Alma. Gli abitanti dispersi sulle montagne, furono
richiamati dai monaci e dal vescovo di Genova Teodolfo a ripopolare i
paesi, e la chiesa fu eretta in parrocchia, come storicamente accertato
dall’atto di concessione delle decime fatta dal vescovo d’Albenga Oberto
ad Anselmo dei Quaranta del 6 marzo 1153 (v. Monumenta Historiae Patriae, tom. VI, cartarum II col. 1026 ) .
Nella chiesa, secondo l’uso dell’epoca dei comuni,
la popolazione si riuniva per deliberare sugli affari di maggior
importanza, come avvenne il 1° Gennaio 1250, nell’occasione in cui il
conte Oberto di Ventimiglia le confermava le libertà comunali, ed il 18
luglio 1260, quando la città rinunciò alle sue libertà comunali a favore
del comune di Genova, contro il versamento, da parte di questo della
somma di cinquecento scudi d’oro.
Dieci anni più tardi i Ghibellini sconfiggono i
Guelfi a Genova, e i loro capi Oberto d’Oria ed Oberto Spinola vengono
eletti a capitani del popolo, questi nell’ottobre del 1270 mandarono
Baliano d’Oria nella nostra riviera, in qualità di vicario, per
sottomettere la fazione guelfa capitanata dai Curlo e dai Grimaldi che
prevalevano a Ventimiglia. Il castello dell’Alma ospitò i guelfi in fuga
da Ventimiglia e Baliano d’Oria lo investì con la sua armata e lo
distrusse completamente disperdendo la popolazione6.
Il d’Oria non toccò la chiesa che continuò a funzionare per la
popolazione dispersa ed in gran parte rifugiatasi nel vicino castello di
Bussana, alla cui parrocchia venne aggregata.
Questa decisione fu contrastata dalla parrocchia di
Taggia, che pretendeva dei diritti sulla chiesa dell’Alma. La relativa
vertenza venne decisa da Monsignor Antonio de Sismondi Vescovo di
Albenga, con sentenza del 22 dicembre 1427, nella quale si dispose che
la chiesa della Beata vergine Maria dell’Alma apparteneva alla
parrocchia di Bussana.
Lo sviluppo edilizio e religioso del santuario è
quindi iniziato con l’arrivo dei Benedettini che riconsacrando la grotta
al culto della Beata Vergine Annunziata, ricostruirono l’antico altare
in legno, collocandovi un’immagine della Madonna, probabilmente arrivata
da Oriente come altre immagini che si trovano nella Riviera Ligure. La
tradizione popolare, ricordata nel libro dei conti tenuto dai massari
del santuario fin dal 1570, vuole invece che il quadro sia stato
consegnato direttamente dalla Vergine Santissima ad una pastorella, muta
dalla nascita, che a seguito dell’apparizione riacquistò la parola.
Questo quadro andò distrutto in pochi anni dall’umidità, venne quindi
sostituito nel 1589 con un altro quadro del pittore Bernardo Castelli di
Genova.
Il prevosto Don Francesco Oliva per proteggere
dall’umidità sia il quadro sia l’altare, fece costruire sopra di questo
la volta in muratura. Nonostante il riparo anche il quadro del Castelli
venne rovinato in pochi anni dall’umidità; allora il Reverendo Don
Antonio Bottini ed i massari del santuario Marco Antonio Torre e Antonio
Carbone pensarono di sostituire la pittura con la scultura, e nel 1608
commissionarono l’opera allo scultore Oberto Casella di Genova.

Altare principale |
Questi
realizzò due statue a grandezza naturale in marmo bianco di Carrara,
una rappresentante la Beata Vergine inginocchiata in atteggiamento di
preghiera, e l’altra rappresentante l’Arcangelo Gabriele nell’atto
dell’Annunciazione. Le due stature erano sormontate da una colomba,
posta in mezzo ad una raggiera di marmo giallo. Sul piedistallo che
regge la statua della Beata Vergine si legge la seguente epigrafe: “X
anno 1609 ex piis elemosinis Gubern, M. et R. D. Antonio Bottino
Preposito ac Marco Antonio De Turri et Io – Ant.o Carbone
Massariis loci Bussanae – Obertus Casella sculptor”. Nello stesso anno
furono costruite le balaustre antistanti il presbiterio, con le due
colonnine centrali portanti in bassorilievo due statuine, rappresentanti
San Giovanni Battista ed il patrono della chiesa di Bussana
Sant’Egidio.
Essendo aumentata negli anni la devozione fra il
popolo a Maria Santissima ed essendosi allargata la fama dei miracoli
della Beata Vergine Annunziata, venerata nel santuario, aumentavano di
conseguenza anche le offerte dei pellegrini sempre più numerosi. Così
nel 1624 venne rifatto il pavimento e venne aperta verso mare una prima
ampia finestra con inferriata. Successivamente venne costruito un
secondo altare sul lato destro della chiesa, coperto da una volta,
sostenuta da piccole colonne doriche. Sopra l’altare, nel 1721, viene
collocata un’ancona di marmo bianco scolpita dal maestro Antonio Manni
di Oneglia in altorilievo, rappresentante la fuga della Sacra Famiglia
in Egitto per sottrarsi alla persecuzione di Erode. Più tardi venne
eretto un altro altare, questa volta sul lato sinistro, simile al
precedente, sul quale nel 1769 venne collocata un’altra ancona di marmo,
scolpita in altorilievo da artista sconosciuto e rappresentante la
Beata Vergine intenta nella sacra lettura sotto la guida di S. Anna sua
madre e S. Gioacchino suo padre.
Fino al 1682 si entrava nella chiesa per mezzo di
un unico ingresso, che si trovava, e si trova ancora attualmente, dalla
parte di ponente, e vi si accedeva mediante una scalinata che scendeva
dalla soprastante strada romana, che passava sopra il promontorio
rasente alla parte meridionale della fortezza. Si ritenne quindi
opportuno per facilitare l’accesso ai numerosi pellegrini di costruire
davanti al santuario un piazzale. Il piazzale fu costruito nello stesso
anno 1682 dal capomastro muratore Giacomo Geva di Pietrabruna, mediante
l’elevazione di un grosso muro di contenimento sulla spiaggia
sottostante. Terminata la costruzione del piazzale, venne aperta sullo
stesso la porta principale del santuario, con due ampie finestre ai
lati, munite di inferriate, per dar luce all’interno della chiesa.

Per
la conservazione ed il culto del santuario, occorreva la presenza
continua di un religioso, e perciò nel 1640 venne edificato, alla sua
sinistra, in un punto più in alto rispetto al piazzale, il romitorio
destinato ad abitazione per il custode o eremita.
Nel giorno 14 del febbraio 1814 il santuario ebbe
la visita del Sommo Pontefice Pio VII, reduce dalla cattività in
Francia, che si fermò in preghiera sull’altare maggiore. Questo evento è
ricordato da una lapide collocata sulla porta principale della chiesa.
Durante la Grande Guerra il santuario ha subito le
razzie di ignoti vandali che hanno rubarono i voti ed i gioielli
lasciati dai pellegrini alla statua della Madonna, deturparono le
immagini sacre togliendo dalla raggiera sopra l’altare principale la
colomba, rappresentante lo Spirito Santo, rompendo un dito della mano
destra alla statura della Beata Vergine ed un dito della mano sinistra
dell’Arcangelo Gabriele. Infransero inoltre una mano ed il naso alla
statua di Sant’Anna, il naso ed il libro alla statua della Beata Vergine
nell’ancona di sinistra, mutilarono una mano alla statua di San
Giuseppe nell’ancona di destra e causarono altri gravi danni.